11sept 15

Un piano B in Europa

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Firmatari :
Stefano Fassina, parlamentare, ex vice-ministro dell'economa e finanze (Italia)
Oskar Lafontaine, ex ministro delle finanze, fondatore del partito Die Linke (Germania)
Jean-Luc Mélenchon, parlamentare europeo, co-fondatore del Parti de Gauche (Francia)
Yanis Varoufakis, parlamentare, ex ministro delle finanze (Grecia)
Zoe Konstantopoulou, presidente del Parlamento Greco (Grecia)

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Il 13 luglio scorso, il governo democraticamente eletto di Alexis Tsipras è stato messo in ginocchio dall'Unione Europea. “L'accordo” del 13 luglio è stato in realtà un coup d'État, messo in atto attraverso la chiusura delle banche greche provocata dalla Banca centrale europea, con la minaccia che non sarebbero state riaperte finché il governo non avesse accettato una nuova versione di quel fallimentare programma. Il motivo? L'Europa ufficiale non poteva tollerare che un popolo prostrato dalle sue politiche di austerità auto-distruttiva osasse eleggere un governo determinato a dire “No!”.

Ora, con più austerità, più svendite di beni pubblici, con politiche economiche sempre più irrazionali e politiche sociali improntate ad una sfacciata misantropia di massa, il nuovo Memorandum può servire solo a peggiorare la Grande Depressione in Grecia e a consentire che la ricchezza della Grecia sia saccheggiata a vantaggio di interessi privati interni ed esterni.

Da questo golpe finanziario dobbiamo trarre una lezione. L'euro è diventato uno strumento di dominio economico e politico da parte di un'oligarchia europea che si fa schermo del governo tedesco, ben contenta di lasciare alla cancelliera Merkel il lavoro sporco che gli altri governi non sono capaci di compiere. Questa Europa genera soltanto violenza nei paesi e tra di essi: disoccupazione di massa, brutale dumping sociale e insulti contro la periferia europea, attribuiti alla leadership tedesca ma in realtà ripetuti a pappagallo da tutte le élite europee, incluse quelle della stessa periferia. In questo modo, l'Unione europea alimenta l'avanzata dell'estrema destra e rende impossibile in Europa il controllo democratico sulla produzione e la distribuzione della ricchezza.

Che l'euro e l'UE difendano gli europei dalla crisi è oggi un'affermazione pericolosamente falsa. È un'illusione credere che gli interessi dell'Europa possano essere protetti entro la gabbia di ferro delle regole di governance dell'eurozona ed entro i Trattati vigenti. L'approccio Hollande-Renzi, comportarsi come studenti modello, o piuttosto prigionieri modello, è una forma di resa che non porterà nemmeno alla clemenza. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, lo ha detto chiaramente: “non può esserci scelta democratica che vada contro i trattati europei”. È la versione neoliberista della dottrina della sovranità limitata inventata da Breznev nel 1968: allora, i sovietici repressero la primavera di Praga con i carri armati; questa estate, l'UE ha represso la primavera di Atene con le sue banche.

Siamo determinati a rompere con questa Europa. È la condizione primaria per ricostruire la cooperazione tra i nostri popoli e i nostri paesi su nuove basi. Come possiamo mettere in atto politiche di redistribuzione della ricchezza, di creazione di opportunità di lavoro dignitoso, specialmente per i giovani, di transizione ecologica, di ricostruzione della partecipazione democratica entro i vincoli di questa UE? Dobbiamo sfuggire alla vacuità e disumanità dei trattati europei vigenti e rimodellarli in modo da levarci di dosso la camicia di forza del neoliberismo, abolire il Fiscal compact e opporci al trattato commerciale con gli Stati Uniti, il TTIP.

Viviamo tempi eccezionali. Stiamo affrontando un'emergenza. Gli stati membri hanno bisogno dello spazio politico che consenta alle loro democrazie di respirare e avanzare soluzioni adeguate alle esigenze nazionali, senza il timore di giri di vite da parte di un Eurogruppo autoritario e dominato dai paesi più forti e dai grandi poteri economici, o da parte di una BCE utilizzata come un rullo compressore, che minaccia di schiacciare i paesi che non “cooperano”, come è accaduto con Cipro e con la Grecia.

Questo è il nostro piano A: lavoreremo nei nostri rispettivi paesi, e insieme in Europa, per una totale rinegoziazione dei trattati europei. Ci impegniamo a sostenere ovunque le lotte dei cittadini europei, con una campagna di disobbedienza civile contro le scelte europee arbitrarie e le “regole” irrazionali, finché tale rinegoziazione non sia ottenuta.

Il nostro primo obiettivo sarà porre fine all'irresponsabilità dell'Eurogruppo. Il secondo sarà rimuovere la finzione di una BCE “apolitica” e “indipendente”, quando in realtà essa è profondamente politica (nella forma più deleteria) e totalmente dipendente dagli interessi delle banche e dei loro rappresentanti politici, pronta come è a reprimere la democrazia con la semplice pressione di un bottone.

Anche i governi che rappresentano gli interessi dell'oligarchia europea, e che si nascondono dietro a Berlino e Francoforte, hanno un loro piano A: non cedere alla domanda di democrazia dei popoli europei e agire in modo brutale per piegare la loro resistenza. Lo abbiamo visto in Grecia lo scorso luglio. Come sono riusciti a strangolare il governo greco, democraticamente eletto? Dotandosi di un piano B: espellere la Grecia dall'eurozona nelle peggiori condizioni possibili, distruggendo il suo sistema bancario e uccidendo la sua economia.

Di fronte a questo ricatto, anche noi abbiamo bisogno di un nostro piano B, da opporre al piano B delle forze più reazionarie e anti-democratiche. Per rinforzare la nostra posizione negoziale di fronte a politiche brutali che sacrificano gli interessi della maggioranza per favorire un'esigua minoranza. Ma anche per riaffermare il semplice principio che l'Europa è per gli europei, e le valute sono strumenti per promuovere la prosperità diffusa, non strumenti di tortura o armi per uccidere la democrazia. Se l'euro non potrà essere democratizzato, se insisteranno nel volerlo usare per strangolare i popoli, ci leveremo e, guardandoli negli occhi, diremo loro: “fatevi avanti, le vostre minacce non ci spaventano”. Troveremo un modo per assicurare che gli europei abbiano un sistema monetario che operi a loro vantaggio, non contro di loro.

Il nostro piano A per un'Europa democratica, supportato da un piano B che mostri ai poteri costituiti che non possono indurci alla sottomissione spaventandoci, è inclusivo e fa appello alla maggioranza degli europei. Ciò richiede un elevato livello di preparazione. Gli aspetti tecnici saranno definiti nel confronto reciproco. Molte idee sono già sul tavolo: l'introduzione di sistemi di pagamento paralleli, valute parallele, digitalizzazione delle transazioni, sistemi di scambio complementari community based, fino all'uscita dall'euro e la sua trasformazione da moneta unica in moneta comune.

Nessun paese europeo può operare per la propria liberazione in modo isolato. La nostra visione è internazionalista. Anticipando ciò che potrebbe accadere in Spagna, Irlanda – forse, a seconda di come evolverà la situazione, nuovamente in Grecia – e in Francia nel 2017, abbiamo bisogno di lavorare insieme concretamente al piano B, tenendo conto delle diverse caratteristiche di ciascun paese.

Proponiamo pertanto la convocazione di una conferenza internazionale sul piano B per l'Europa, aperta a chiunque sia disponibile, cittadini, organizzazioni ed intellettuali. La conferenza può aver luogo in tempi ravvicinati, già a Novembre 2015. Inizieremo il percorso sabato 12 settembre, durante la Fête de l'Humanité a Parigi. Unitevi a noi!



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